Ciao.
Di tanto in tanto leggo richieste di aiuto per capire quando è il momento di sostituire le corde alle nostre amate chitarre; per questo motivo ho pensato di spendere qualche minuto per regalare un po’ della mia personale esperienza sopratutto ai ragazzi che desiderano fare della propria chitarra la compagna di molte future battaglie! 🙂
La risposta è molto semplice: DIPENDE dalla frequenza di utilizzo della chitarra e dall’uso che se ne intende fare.
Questa dipendenza influisce principalmente su un tot di fattori che alla fine determinano quando è arrivato il momento della sostituzione della muta.
Ovviamente anche la tipologia di utente della seicorde influenzerà molto questa decisione, ma questo lo analizziamo come ultimo parametro.
Durante l’uso della chitarra, le corde vengono sollecitate in modo più o meno energico, a seconda del genere che si suona, della necessità o meno di far sentire il suono della chitarra e dal modo in cui vengono pennate o pizzicate le corde, quindi dalla pesantezza della mano del musicista.
A grandi linee un chitarrista di hard rock/heavy metal che per necessità e tipologia del genere tenderà a zappare con veemenza in particolare sulle corde gravi nella ritmica, le solleciterà molto di più di un chitarrista che arpeggia brani con le dita.
Tutto questo naturalmente in modo sommario perché possono accadere anche situazioni molto diverse a seconda delle capacità del musicista: un arpeggio eseguito molto intensamente con le dita, con veemenza, può sollecitare con altrettanta incisività tutte le sei corde.
Un chitarrista ritmico di chitarra folk, che si esibisce in un contesto acustico, sicuramente avrà necessità di pennare con energia su tutte le sei corde per far sentire il suono del suo strumento, sopratutto se non microfonato o amplificato e se suona insieme ad altri strumenti.
Anche la tendenza ad eseguire maggiormente la rimica anziché la parte solista determinerà quali sono le corde maggiormente sollecitate:
- nella ritmica in genere sono le corde più basse (RE- LA – MI basso) ad essere coinvolte con maggior forza, per sostenere gli accordi e l’accompagnamento
- mentre nell’uso frequente della solista ahimè sono sempre il SI ed il MI cantino a subire la peggio, a causa dei bending che stirano la corda tendendola oltre la sua naturale tensione di riposo.
Il SOL fa caso a sé essendo una corda anch’essa vittima sia di bending che di ritmiche ma per sua costituzione trattandosi di una corda scoperta di un certo spessore, difficilmente cederà per rottura.
Fatta questa premessa, l’uso più o meno intenso della chitarra determinerà una più o meno precoce usura delle corde, quindi la cosa va di pari passo in modo proporzionale alla frequenza di utilizzo dello strumento.
Quando si monta una nuova muta il suono è squillante e ricco di armoniche, ricco di frequenze acute e complessivamente BELLO PIENO.
Man mano che si suona il sudore, il fumo, lo smog e altri agenti chimici si insinuano nel rivestimento delle corde gravi, e ossidano tutte le corde; il primo parametro che decade è la brillantezza del suono.
Dopo un paio di ore di utilizzo la muta già non suona esattamente come appena montata, e questo talvolta è un bene perché molti chitarristi, sopratutto elettrici, ritengono questa brillantezza iniziale finanche eccessiva, molti preferiscono il suono assestato ed un po’ più morbido che si ottiene dopo aver utilizzato la muta già per qualche ora.
Altri chitarristi sopratutto acustici adorano la brillantezza delle corde appena montate perché donano alla chitarra acustica sonorità molto belle e ricche di armoniche.
Con il tempo l’opacizzazione del suono però diventa perfino eccessiva, le corde perdono progressivamente gli armonici acuti che sono quelle frequenze acute di ordine pari che accompagnano il suono principale della nota, rendendola più bella ed armonica appunto, ed alla fine il suono complessivo risulterà piatto, smorto e vuoto.
Un’altra volta analizzeremo gli altri fattori, quindi … a presto per il proseguo.
(articolo scritto da Mimmo Positano)