Ciao,
oggi continuo il discorso iniziato nell’articolo precedente sui primi due chitarristi “iper-tecnici” degli anni ’80.
Tony MacAlpine
Chitarrista dotato di una musicalità sublime, livelli compositivi molto alti, e una tecnica precisa e di alto livello, diplomato anche in pianoforte classico, emerge nella seconda metà degli anni ’80, con uno stile orientato verso il rock chitarristico con grandi influenze neoclassiche ma anche soundtrack.
È sicuramente l’alternativa musicale ad Yngwie J. Malmsteen, per quanto riguarda gli anni ’80, poiché dove Malmsteen condirebbe tutto con arpeggi, scale velocissime come orpello doveroso e alla lunga ridondante, MacAlpine preferisce organizzare la composizione in temi precisi, gruppi di note più regolari, melodie più ariose e sognanti (più eteree, meno trionfali).
La caratteristica di base è che i brani sono tutti strumentali (e ciò, ahimé, lo alienò dalla grande massa del mercato) a volte lenti struggenti e nostalgici come Tears of Sahara, a volte ritmi veloci e serrati come Hundreds of thousands (una sorta di speed-metal molto, molto melodico) a volte mid-tempos come la stupenda Empire in the Sky, dove una melodia romantica e sognante sembra essere il tema di un film o anche di un videogioco Fantasy (mi domando perché compositori bravi come lui o altri non siano stati usati in questo senso…).
Segnalo i suoi album Edge of insanity e Maximum security da ascoltare tutto d’un fiato perché veramente li considero patrimonio della musica pop del ‘900.
Greg Howe
Il primo album è del 1988, ed assurge allo status di chitarrista famoso nei primi anni ’90, con la pubblicazione dell’album Introspection e sopratutto per aver collaborato in tour con Michael Jackson e successivamente con Justin Timberlake.
Il suo stile è impressionante, una tecnica che è assolutamente delle migliori mai ascoltate sinora (2010) i fraseggi , influenzati da blues, jazz, funk e un po’ di neoclassico, sono eseguiti con una maestria di altissimo livello, dove legati, string skipping, tapping, slide e insomma tutte le tecniche iper vengono eseguite sempre in funzione della composizione.
Ascolta Jump Start per credere!
Basterebbe questo brano per farlo entrare definitivamente nell’Olimpo dei chitarristi, il brano inizia con un riff blues-fusion-jazz-funky (che qualsiasi chitarrista di livello medio-alto starebbe almeno 2 ore ad imparare) per continuare sia con fraseggi inediti e personalissimi sempre blueseggianti (ma è un blues del 2000, non pensate a B B King) e per poi virare verso una serie di runs (scale veloci) eseguite con una tecnica di legato a due mani (credo), shredding come se piovesse e un chorus che tocca vette sublimi, con un bending e un suono molto caldo … quindi il brano che ne risulta è un misto di atmosfere blues e melodie modernissime (quindi futuribili) specialmente date dalla tecnica sempre fluida, funky e precisa come nessun altro sappia fare (ad eccezione, forse, di Vai).
Un altro brano che apprezzo, sempre dell’album Introspection è No place like home, che si apre con delle melodie tratte dalla scala esatonale per poi aprirsi ad atmosfere decisamente Fusion e Holdsworthiane (di Allan parlerò fra poco): per intenderci, atmosfere che potrebbero essere la colonna sonora ad un videogioco del commodore Amiga o 64 o di qualsiasi altro anni ’80/fine ’80.
Dal lato dell’analisi musicale, si tratta di usi insoliti e ipertecnici di scale modali, di cui una dorica con un centro tonale che cambia spesso (ahimé, queste analisi non rendono mai l’idea e sono sempre per addetti ai lavori) e anche un lavoro di tapping eccezionale (il nostro infatti cita Van Halen come ispiratore, assieme al jazz e alla fusion music).
Allan Holdsworth
Il chitarrista più difficile da studiare, in natura… :).
Senza scherzi: parlare di Allan è faccenda molto complessa, dato che non solo è un tecnico inarrivabile che utilizza tutte le tecniche da me menzionate e anche di più … è dal lato compositivo che surclassa tutti e si pone nell’Olimpo degli innovatori e dei musicisti che effettivamente stanno ad un livello superiore (un po’ come in alcune filosofie e religioni orientali).
C’è da dire, a difesa di noi poveri rockettari, che il nostro viene dal Jazz, e inizia già negli anni ’70 a suonare una fusione (da qui il termine Fusion, di rock e jazz) per poi, pian piano, virare sempre più verso una musica che ha meno di rock e più jazz fuso con melodie più leggere, anche pop, soundtrack oriented, temi ed armonie post-‘900, post-impressionisme, sempre mantenendo una caratteristica Fusion … cioè musica sicuramente non da masse ma da intenditori, anche se fruibile da molti comunque.
Il primo musicista che mi viene in mente parlando di Holdsworth è John Mc Laughlin, in particolare alcune composizioni (Against the clock) mi ricordano la forma stilistica di alcuni brani dei Mahavishnu Orchestra (specie Smile Of the beyond): in comune hanno l’idea universale della musica, una musica libera da generi ed etichette.
Una caratteristica dei brani è il continuo cambio di centro tonale, influenzato forse dal modal jazz, o anche dalla musica Impressionista (fine ‘800, inizi ‘900 ) e in genere da tutto il ‘900 di un certo livello…
City NIgths (dall’album Secrets) ad esempio, inizia con una melodia semplice, notturna appunto, che sfocia in atmosfere assolutamente oblique dove la tonalità è un concetto in continuo cambiamento e ovviamente le regole classiche non valgono: credo che se in una corte settecentesca avessero avuto a disposizione una macchina del tempo per andare nel 1989 ad un concerto di Holdsworth, sarebbe sembrato loro che la Terra fosse stata invasa dagli alieni…
L’arpeggio in tapping di Tokyo Dream ci porta direttamente nel continente asiatico, negli anni ’80, dove un synth si intreccia ai bicordi di quarta, tipici del mondo orientale, e sogniamo grattacieli, alberghi di lusso, navi che solcano l’oceano e piccole imbarcazioni, fiori di loto e templi buddhisti, mentre il Signor Ryuchi Sakamoto e Akiko Yano della Yellow Magic Orchestra suonano lì vicino: forse il brano più fruibile dalle masse, questo (dall’album: I.O.U.).
Per chiudere, mentre il mio consiglio è di ascoltare tutti gli album che ha prodotto, sappi che se vuoi studiarlo, devi studiare tutte le scale (o perlomeno, tutte le scale modali, la jazz minor-melodica minore ed alcuni suoi modi, la scala esatonale, quelle diminuite e … qualcos’altro); in più bisogna studiare bene l’armonica sia di base classica, sia jazz, (consiglio: Mark Levine Jazz Theory Book, per iniziare) e sapere che molte composizioni hanno accordi inusuali, costruiti proprio armonizzando alcuni modi (Lidio, Dorico,ecc…) ed imparare ad analizzare i cambi del centro tonale (uno studio di John Coltrane è utile, a mio avviso).
(articolo scritto da Giovanni Perini)
grazie per aver menzionato Allan Holdsworth, uno dei musicisti più bistrattati dall’industria discografica e che incarna lo spirito libero e l’umiltà che tutti noi dovremmo avere nella musica e nella vita; consiglio l’ascolto del più “facile” Metal Fatigue, con la bellissima “home” fatta tutta di accordi sulla seconda ottava ed uno struggente assolo di acustica “maccaferri”; complimenti alla redazione tutta.
grazie Luca per il tuo apporto e il tuo suggerimento 😉
Ciao
Ho da farti anch’io una richiesta (dopo la richiesta di Van Hallen naturalmente), un articolo che parli del bravissimo Mark Knopfler.
Grazie!
è in programma, Fabio 😉
Ciao
Adoro questo genere di articoli.
woo… non vedo l’ ora!
il mio chitarrista preferito è Eddie Van Hallen, potresti fare un articolo su di lui e sulla sua tecnica chitarristica, grazie barbara
è in programma, Matteo 😉
Bravo!
Molto interessante e ben fatto.
Trovo siano molto “ad hoc” i due scritti su Howe e Allan (quest’ultimo è il mio preferito, da sempre).
“Tonino”, invece, non lo conosco… quindi mi cospargo il capo di cenere e vado ad ascoltarmelo! 🙂
Complimenti e… ci si legge alla tua prossima recensione! 🙂
Bye
A
Come sempre mostri una conoscenza e una capacita’ di critica costruttiva eccellente e anche questa volta mi hai sorpreso con alcuni nomi che non conoscevo ma che andro’ di corsa ad ascoltare con attenzione.
Grazie di essere qui, ciao. Mike