Ciao,
oggi voglio parlare degli accordi di tre suoni e dei rivolti, cosa che, anche questa, spesso mi viene richiesta.
Bene, partiamo con una definizione di accordo: un accordo è la riproduzione simultanea di tre (minimo) o più note e queste note saranno lette dal basso verso l’alto, quindi dal suono più grave a quello più acuto.
L’accordo più semplice sarà quello formato da tre suoni, che viene chiamato triade.
Il suono più basso della triade si chiama fondamentale e dà il nome all’intero accordo.
Fondamentale è anche il nome dato alla prima nota della scala, al I grado: questo avviene perché tra scale, tonalità e accordi c’è uno stretto legame.
Ecco, in questo caso la fondamentale è la stessa nota sia nella scala che nell’accordo: corrisponde pertanto al primo grado che ci permette di dare il nome alla scala, all’accordo e, anche, alla tonalità.
Quindi: se ho un accordo formato dalle note sovrapposte di SOL-SI-RE, dirò che ho una triade di SOL, poiché questo è il suono più basso:
Gli altri due suoni, nel nostro esempio SI e RE, vengono chiamati 3° e 5° dell’accordo, in quanto distano dal SOL, cioè dalla fondamentale, rispettivamente una 3° (SOL-SI è infatti un intervallo di 3°) e una 5° (SOL-RE è un intervallo di 5°).
Diciamo subito che le note che formano un accordo non devono PER FORZA essere a distanza di 3° l’una dall’altra: infatti nell’esempio qui sotto vedi che sono molte distanziate l’una dall’altra, a differenza invece dell’esempio messo qui sopra, ma l’accordo è sempre quello di SOL:
Come vedi, le note che compongono l’accordo sono sempre le stesse (SOL-SI-RE), ma ora sono distanziate l’una dall’altra.
Nel caso in cui le note sono disposte a distanza di 3° l’una dall’altra, diciamo che l’accordo è a parti strette, nel caso, invece, siano disposte più distanziate (come qui sopra), si dice che l’accordo è a parti late.
Vai con la tua domanda, che leggo nel tuo pensiero:
“Ma come faccio a sapere che l’accordo qui sopra è di SOL, visto che le note sono così lontane”?
La risposta è semplice e ti do’ una regola piuttosto generale: prendi ogni singola nota e la porti alla distanza più vicina che c’è con le altre, soprattutto rispetto alla fondamentale.
Vediamolo nel concreto.
Prendiamo il primo accordo che ho scritto qui sopra: la prima cosa da fare è prendere una nota come punto di riferimento (in questo caso sappiamo che è il SOL, ma qualora tu non lo sapessi, vai per tentativi).
Prendi il SOL come base e vai alla nota superiore, il RE, che è già alla distanza minima che posso avere perché è ad una 5°; passi allora al SI che è lassù in alto e lo porti un’ottava sotto, in modo che sia il più vicino possibile al SOL.
A questo punto ti ritrovi ad avere lo stesso accordo che c’è nel nostro primo esempio e sempre a questo punto è molto facile capire che si tratta di un accordo di SOL.
Un’altra cosa da notare in un accordo è questa: se suoni la chitarra, sai che questa ha sei corde, mentre l’accordo che sto esaminando ha tre suoni.
Come si procede, allora?
Si procede che alcuni suoni dell’accordo vengono ripetuti.
Vediamolo concretamente.
Questo è l’accordo di SOL maggiore sulla chitarra:
e questo è lo stesso accordo se lo scrivo con le note sul pentagramma:
Come vedi il mio accordo è formato da tre SOL, due SI e un RE; di solito in questi raddoppi (così si chiamano le note ripetute più di una volta), si preferisce raddoppiare la fondamentale e la 3° (questa nota, infatti, è la nota che mi dice se siamo in maggiore o in minore).
Questa comunque non è una legge assoluta, quindi bisogna verificarla caso per caso, accordo per accordo!
Tralasciando, per il momento, tutta la classificazione degli accordi di tre suoni, passiamo a vedere cosa sono i rivolti di un accordo.
Possiamo trovare l’accordo in tre forme diverse in base alla nota che trovo nella parte più grave: infatti non sempre trovo la fondamentale come base dell’accordo.
Quando questo succede allora ho un accordo allo stato fondamentale.
Se invece trovo una delle altre due note, allora ho un accordo allo stato di rivolto: più precisamente al I rivolto se ho la 3° come nota più grave e al II rivolto se ho la 5°:
Come puoi notare, l’accordo allo stato di rivolto non è una sovrapposizione di terze, ma tra gli intervalli trovo anche una 4°.
Questo non significa che quello qui sopra dell’esempio in I rivolto non è più SOL maggiore ma SI maggiore o RE maggiore in II rivolto: resta sempre SOL maggiore e anzi proprio l’intervallo di 4° ti dice che molto probabilmente sei di fronte ad un rivolto.
Per trovare qual è la fondamentale dell’accordo, basta semplicemente riportare i suoni in posizione fondamentale, cioè avere l’accordo formato SOLO ED ESCLUSIVAMENTE da terze sovrapposte e il gioco è fatto, un po’ come abbiamo visto qui sopra quando ho un accordo in posizione lata!
Perché ho questa possibilità di usare i rivolti?
Perché in questo modo posso scegliere come suonare il mio accordo in base alla sonorità che voglio ottenere: un accordo allo stato fondamentale crea un senso armonico ben definito molto più che l’accordo al II rivolto che, addirittura, nella musica del XVI e XVII secolo, soprattutto nella musica sacra, era considerato impuro e quindi era vietato il suo uso.
La nota più grave dell’accordo, qualunque essa sia, si chiama basso d’armonia o anche nota del basso e il susseguirsi di queste note nel brano creano la linea che viene affidata agli strumenti gravi di un qualsiasi gruppo o orchestra o banda o comunque, come nella chitarra o nel pianoforte, viene affidata alla parte bassa dello strumento.
I rivolti (in particolare il I) sono molto utili per creare una linea di basso più melodica.
Spero che tutto questo sia piuttosto chiaro, altrimenti … chiedi pure 😉
Comunque se vuoi approfondire questo argomento ti consiglio di cliccare qui e visitare questa pagina.
Complimenti davvero sei chiarissima ed è un piacere leggerti.
Ci sono tanti pagliacci in giro con schemini tabulati e si fanno chiamare maestri poi invece se uno inizia dalle basi come quando si impara a leggere e a scrivere tutto viene da sé e si comprende quello che si fa!!!
Grazie Filippo del tuo commento.
Quello che a me interessa, infatti, è far capire il perché succedono determinate cose in musica e tu mi dai conferma che il mio “scopo” è … raggiunto 🙂
Grazie ancora.
Ciao
Complimenti Barbara!
Bell’articolo e belle risposte alle molteplici domande.
Grazie Enrico 😉
grazie mille Barbara sto leggendo tutto quello che mi hai mandato e sono contenta perché tante cose che non avevo capito a teoria e a strumento in più anche la chitarra sto imparando a suonare e con i tuoi insegnamenti sto imparando alla grande.
Tu spieghi molto bene e si capisce al volo tutto.
Ti ringrazio di cuore sei mitica.
Ciao da Rita
Sono tornato dopo un po’ in questo topic.
E’ vero che wikipedia, non è vangelo, come non lo è nessuna enciclopedia (se non altro perché ci può scrivere chiunque: io stesso ad esempio ci scrivo, sia pure non di musica).
Tuttavia nella wikipedia italiana al termine rivolto è dato il significato che avevo sempre creduto e che tu mi avevi detto che era sbagliato: accordi in diverse posizioni, con effetto che cambiano la successione e l’altezza delle note e, almeno nel caso della chitarra, il timbro delle medesime .
Come ci siamo detti è un abbellimento, si.
Ma in musica abberllimento lo è tutto, altrimenti si farebbe rumore e basta.
a me lo stesso insegnante che mi aveva parlato dei comma (gli avevo espresso il mio dubbio in merito all’indispensabilità del doppio diesis), mi aveva detto che l’accordo diminuito era un accordo che si poteva chiamare con una qualsiasi delle 4 note (equi-intervallate tra loro, divenendo praticamente tutte toniche) che lo componevano (
In effetti è proprio cosi’ e questa è la particolarità dell’accordo di 7° diminuita: è un accordo formato da tutte 3° minori, quindi qualsiasi delle quattro note puo’ diventare la “tonica” dell’accordo.
Per questo, come ho detto sopra, è un accordo molto usato nelle modulazioni, cioè nei passaggi che servono per cambiare tonalità.
🙂
la logica mi mi porta a sospettare una svista nel quarto caso (4° riga) da te citato: bemolle anche nel mi?
Se non è una svista (tua) ce ne è di strada da fare (per me).
Forse è meglio che mi dedichi al giardinaggio .
ahahahaha Francesco 😀
Puoi sempre dedicarti E al giardinaggio E alla musica 😉
Comunque no, non ho sbagliato: l’accordo diminuito è proprio cosi’: DO – MIb – SOLb.
E’ cioè un accordo formato da due 3° minori sovrapposte a cui posso sovrapporre un’altra 3° minore ottenendo cosi’ l’accordo di 7° diminuita che è un accordo molto particolare e molto usato, per la sua caratteristica, per passare da una toanlità all’altra, ad esempio.
Magari potrei fare un articolo su questo accordo in futuro.
Ciao
eccomi di ritorno.
Allora: io avevo preso in prestito ridancianamente il termine “anfotero” dalle scienze naturali, in questo caso intendevo dire che ci sono varianti dell’accordo base: quelli di settima e di quarta (si aggiunge la settima, la quarta o altro contate a partire dalla tonica compresa), noti anche a chi è a livelli non eccelsi, ma ci sono anche i vari do con basso in sol e tante piccole “alterazioni”.
Ora scrivo una mail (magari sei tu anche lì, a leggere: se si mi fa piacere) all’indirizzo riportato.
Ah, ok, allora non avevo capito niente 😀
Beh, puoi trovare tantissime varainti ad un accordo e più note metti, più varianti trovi.
Un esempio?
Prendiamo un accordo di 3 suoni e consideriamo:
* DO – MI – SOL –> accordo di DO maggiore
* DO – MIb – SOL –> accordo di DO minore
* DO – MI – SOL# –> accordo di DO aumentato
* DO – MIb – SOLb –> accordo di DO diminuito
* DO – MIb – SOL# –> accordo di DO minore con la 5° aumentata
* DO – MI – SOLb –> accordo di DO maggiore con la 5° diminuita
* DO – FA – SOL –> accordo di DO sus4 o, semplicemente, DO4
e penso di averli messi tutti.
Se metto la settima ho tutte le stesse combinazioni ma aggiungendo la 7° minore o maggiore e cosi’ via.
Ciao
ps: anche dietro le email … ci sono sempre io 🙂
Ahimè io mi riferivo stavolta al rivolto della tua descrizione: si vede che sono negato oppure a zero.
Ora devo andare, magari se ne riparlerà.
Penso di aver capito il “concetto” (per questo ti ho risposto che puo’ essere considerato un accordo “anfotero”, ma se vuoi spiegarti meglio … prego, facci pure 🙂
Qui hai tutto lo spazio che vuoi 😀
un accordo “anfotero”, quindi?
Grazie, comunque.
Anche su answer mi sei stata utile (se sei proprio tu).
Estendendo il significato del termine “anfotero” ad un accordo che cambia posizione, beh, potremmo dire di si’.
ps: su answers ci sono e sono proprio io 😀
So quanto sia importante la teoria.
Nella musica moderna c’è molto spazio per l’improvvisazione.
Io ti chiedo: è usato propriamente o impropriamente il termine “rivolto” per definire quell’abbellimento consistente nell’alternare due o tre posizioni diverse di un medesimo accordo (di effetto più suggestivo ancora se il brano è arpeggiato)?
Ciao Francesco,
si parla di rivolto quando ci si riferisce all’armonia vera e propria, cioè quando un accordo è seguito da un altro di solito di “nome” diverso.
Cioè il rivolto ha un suo valore armonico quando il basso (che è la nota che determina se un accordo è un rivolto o allo stato fondmentale) si sposta verso un ltro determinato accordo con una sua propria linea melodica.
Ci possono essere dei casi in cui si cambia lo “stato” dell’accordo, ma sono rari.
Quindi direi tranquillamente che: no, nel tuo esempio non parlerei di rivolto vero e proprio, ma, appunto, di abbellimento se vuoi chiamarlo cosi’.
Spero di averti risposto, altrimenti … chiedi pure :-).
Ciao
Ciao Barbara,
fino ad ora nn sn riuscito ancora a leggere tutte le e-mail che mi hai mandato riguardanti le teorie della chitarra.
Ti ringrazio tantissimo appena avro’ un po’ di tempo lo faro’!!!!!
Cmq è fatto veramente bene complimenti!!!!!!!
Ciao Andrea,
beh le email sono li’ per … quando hai tempo 🙂
Non scappano, e gli articoli sono sempre qui sul blog, quindi prenditi tutto il tempo che ti occorrre e torn quando vuoi 🙂
Ciao
ok grazie!! 🙂
Grazie molto chiaro! L’unica cosa… perchè non posso fare una scala in re#? e sol# e la#? e invece perchè posso farla in dob?
Non credo ci sia un “motivo” canonico (almeno a me non l’hanno mai insegnato).
Per quella che è la mia esperienza personale posso dirti che non si fa per comodità.
La scala di RE diesis sarebbe:
RE# MI# FA## (doppio diesis) SOL# LA# SI# DO## (doppio diesis) RE# (il doppio diesis non si scrive cosi’, ovviamente, ma non ho il simboletto adatto che è una specie di x)
Tutti questi doppi diesis danno fastidio alla lettura, molto meglio la scala di MIb, che è la stessa:
MIb FA SOL LAb SIb DO RE MIb
molto più “pulita”, senza tante alterazioni “strane” che ti fanno “ingarbugliare” gli occhi e il cervello 😉
Lo stesso discorso vale per tutte le altre scale che sono al di fuori di quelle che ho scritto nella mia risposta precedente e che sono considerate le scale “canoniche”.
Nel caso del DOb, che tu citi, semplicemente è l’ultima scala di quelle con i bemolli, cioè la scala che li ha tutti e sette.
Ciao
Ciao Barbara,
leggevo il tuo corso di teoria in e-book, in particolare la parte inerente alle scale, è molto chiaro e piacevole da leggere, complimenti!
Posto qui una domanda, non avendo trovato un articolo sulle scale nel tuo blog.
Oggi stavo provando a costruirmi le scale tenendo conto del fatto che ogni nota deve
essere diversa dalle altre, alterazioni escluse, e mi è sorto un dubbio.
Ho scritto la scala maggiore di RE#:
RE# FA SOL LAb SIb DO RE … RE# o MIb per finire?
Se scrivo RE# concludo come ho iniziato ma la nota è un RE come la precedente, se voglio scrivere una nota diversa scriverei MIb ma non è la stessa con cui ho cominciato…
Questo problema mi è sorto anche con le scale di FA#, SOL#, LA# e SOLb (in quest’ultima nella quarta nota, ecco la scala: SOLb LAb SIb SI [o DOb?] REb MIb FA SOLb ).
E poi per andare a fare la relativa scala minore prendo la sesta nota della scala maggiore e da lì riparto a scriverla uguale, giusto?
Ma è uguale anche nella alterazioni?
Cioè i # rimangono # e i b rimangono b?
Ultimissima cosa…
Per le improvvisazioni su un brano in tonalità minore uso la scala minore naturale?
Ciao Laura, grazie per la domanda.
Allora: quando dico che bisogna mettere tutte le note, intendo dire che il tuo esempio e’ sbagliato perché tra il re e il fa c’è il mi, ma tu non l’hai messo.
L’esempio corretto sarebbe: re mi fa sol la si do re.
In questo modo ho tutte e sette le note presenti e non ci sono salti.
Questo ti “elimina” il problema che ti trovi alla fine: se infatti metti il mib all’inizio e alla fine, allora tutto torna:
– ho tutte le note (mi fa sol la si do re mi)
– la nota iniziale e la nota finale sono uguali
Ma perché devi partire dal re diesis?
Non c’è nessuna scala che inizia per quella nota: le scale maggiori sono:
– senza alterazioni in chiave: do
– con i diesis: sol – re – la – mi – si – fa diesis – do diesis
– con i bemolli: fa – sib – mib – lab – reb – solb – dob
Per quanto riguarda la scala minore, quella naturale inizia dalla sesta nota della maggiore e conserva gli stessi diesis o bemolli della maggiore, le altre due scale minori, cioè la melodica e l’armonica, cambiano.
Per le improvvisazioni, dipende un po’ dal genere del brano e dal tuo gusto personale.
Personalmente userei la scala melodica o armonica, meno quella naturale perché non ha il senso della conclusione, ma dipende da cosa suoni, ripeto.
Puoi anche fare dei passaggi con la scala naturale, perché no? soprattutto se sono dei passaggi discendenti.
Fammi sapere se ho chiarito i tuoi dubbi.
Non c’e’ niente da aggiungere, perfetto come sempre e molto chiaro, grazie. Mike
sempre rinfrescante sei!