Ciao,
oggi voglio presentarti un altro video con un altro brano di musica classica, il Capriccio n. 7 opera 20 di Luigi Legnani suonato dall’amica Paola Rossi.
Prima di tutto ti presento Paola:
“A 14 anni ho iniziato a studiare seriamente la chitarra classica dopo aver sentito un concerto del mio futuro Maestro.
Il suono caldo e dolce nello stesso tempo, mi entrò dentro e nacque una passione vera senza la quale è impossibile stare ore ed ore ad esercitarsi e fare gli esami al Conservatorio.
Mi ricordo che mentre sentivo quel concerto pensai: finalmente ho capito che la chitarra ha molte possibilità e ci si può fare di tutto.
Non mi convinceva il fatto che la sentivo sempre che accompagnasse le canzoni e quindi suonata in modo riduttivo.
Il mio percorso formativo e professionale, nel tempo, ha avuto vari intoppi, ma oggi sono laureanda al Conservatorio e almeno da 6 anni svolgo attività didattica avendo anche diretto e ideato con i miei allievi 4 Saggi musicali a Frascati (Roma).
In questi anni grazie ad alcune tecniche di musicoterapia, che ho approfondito da autodidatta, ho potuto aiutare una ragazza con ritardo mentale e problemi di linguaggio verbale a suonare qualcosa di semplice e cantare al Saggio.
Ho fatto anche alcuni concerti pubblici.
Attualmente insegno chitarra presso l’Associazione Opus Musica di Colonna (Roma) e nella Sala lettura comunale di Frascati“.
Bellissimo percorso musicale, Paola: complimenti!
Ora invece andiamo a presentare il brano che oggi ti propongo.
Riporto ancora le parole di Paola:
“Il brano che voglio proporre è famoso tra i chitarristi classici ed è un capriccio dall’op. 20 di Luigi Legnani.
Ne compose 36 e quello che suono è il n. 7.
Il capriccio è una forma musicale virtuosistica e che quindi esalta la tecnica chitarristica e non, visto che esistono capricci anche per altri strumenti come i 24 famosi per violino di N. Paganini il quale, tra l’altro compose molto anche per chitarra che suonava bene!
Luigi Legnani (1790-1877) era un compositore, tenore e chitarrista toscano.
Da giovane studiò, oltre alla chitarra, tutti gli strumenti ad arco ed il canto: esordì come tenore (forse per questo motivo le sue melodie sono caratterizzate da uno straordinario lirismo), ma si rivelò un ineguagliabile chitarrista facendo il suo debutto al ridotto del teatro alla Scala di Milano.
Tenne concerti nei più importanti teatri europei dell’epoca, spesso affiancato ad artisti che determineranno passi importanti della storia della musica: da ricordare a Vienna nel 1823 i concerti con l’adolescente pianista prodigio Franz Liszt.
Luigi Rinaldo Legnani fu definito, dai giornalisti italiani suoi contemporanei, “il Paganini della chitarra”; lo stesso Niccolò
Paganini, durante un concerto di Legnani, rimase colpito dall’esibizione altamente virtuosistica del chitarrista, scegliendolo per affiancarlo in una tournée di concerti; questo progetto andò a monte per ignote ragioni, presumibilmente a causa delle condizioni di salute di Paganini, in continuo peggioramento.
Ma resta il fatto che Legnani era un esecutore di tale statura da indurre il sommo violinista a mettere in cantiere un duo con lui, progetto che Paganini non avviò in nessun altro caso.
Inoltre Luigi Legnani fu un grande appassionato di liuteria: ideò un modello di chitarra dal suono profondo e forte che gli fu costruito dal liutaio viennese Georg Staufer e in seguito si dedicò lui stesso alla costruzione di chitarre di cui qualche esemplare esiste tutt’ora.
La maggior parte delle sue composizioni sono altamente virtuosistiche; come Giuliani, usò particolarmente le variazioni (soprattutto variazioni su temi operistici in voga), che gli permettevano di fare sfoggio della sua bravura.
Inoltre compose 36 capricci in tutte le tonalità maggiori e minori, sulla falsariga dei famosi Capricci per violino di Niccolò Paganini, per dimostrare che anche sulla chitarra, come sugli altri strumenti, potessero essere eseguiti brani in qualsiasi tonalità, maggiore e minore.
I 36 Capricci costituiscono un compendio della tecnica chitarristica ottocentesca e sono caratterizzati da uno stile melodico, di schietta impronta italiana: infatti la musica di Legnani, ora lirica, ora drammatica, ora graziosa, ora magniloquente, non è che una miniatura strumentale dell’opera della fine del Settecento e del primo Ottocento“.
Grazie mille Paola per questa ampia ed esaustiva introduzione.
E allora, ti invio ad ascoltare il Capriccio n. 7 op. 20 di Luigi Legnani suonato da Paola Rossi.
Grazie mille Davide!!
I capricci di Paganini suonati alla chitarra hanno un suono che mi ha sempre affascinato.
E’ un po’ come se ci fosse un filo conduttore che parte dal Classico e arriva al Moderno (il mio campo).
Davvero molto brava.
Ti faccio i miei complimenti sinceri.
Saluti!!!!!
Grazie di nuovo Davide.
Sì, forse un po’ho frainteso, ma più che altro volevo dire un mio pensiero sulla tecnica e la musicalità che sono argomenti molto discussi e complessi.
Il mio grande problema è che sto facendo una grossa fatica a prendere questo benedetto Diploma a causa del fatto che il mio studio non è mai stato tanto regolare per problemi di salute e oggi come oggi ne risento e anche la tecnica perchè sai meglio di me che per la musica ci vuole il tempo che ci vuole!
A settembre spero che l’esame vada bene anche con un voto minimo!
Se non va credo di rinunciare perchè bisogna pure saper riconoscere i propri limiti.
La passione però è la cosa più bella che niente e nessuno potrà mai togliermi.
A presto.
Penso tu abbia un po’ frainteso.
Chi ricerca la velocità fine a sé stessa, sta perdendo di vista l’espressività e porta la musica al servizio della tecnica ed è sbagliatissimo.
Non è facile trovare il giusto equilibrio, ma sia Williams che Bream ci riescono bene.
Per questione di gusto preferisco il secondo.
Ad ogni modo, i problemi tecnici sono facilmente rimediabili, una scarsa musicalità è ben più difficile da acquistare.
In bocca al lupo ancora!
Ciao
Sono d’accordo con te Davide!
Comunque non reputo Julian Bream tecnicamente (neanche di un po’) inferiore a J. Williams.
Inoltre è anche un dato di fatto che la tecnica prenda troppo il sopravvento nella maggioranza degli esecutori.
Capisco però che non tutti hanno una piena musicalità e quindi sopperiscono a tale cosa con una grande tecnica che sfocia nell’esibizionismo… vedi le musiche fatte a 208 del metronomo che musicalmente parlando non hanno alcun senso, invece a livello “ginnico”e di competizione sì.
Penso che la tecnica non va bene se pensata in questo senso.
Ciao
Bé l’emotività si sente, ma del resto è un problema di tutti noi. Più che altro noto dei momenti in cui le tue intenzioni non sono sorrette da un fraseggio pulito e naturale, e quindi lavorerei un po’ di più sull’aspetto tecnico.
Capisco che vuoi concentrarti maggiormente sulla musicalità, ma io non dissocerei troppo le 2 cose. Io sono un grande stimatore di Julian Bream più che di John Williams (penso tu sappia cosa intendo dire), ma nonostante questo o in favore di questo, ritengo che la tecnica sia “sicuramente” al servizio della musicalità, ma proprio perché al servizio della musicalità, essa deve esserle di grande sostegno.
p.s. per l’emotività, io ho lo stesso problema: è anni che suono in pubblico, ma ogni volta è come la prima. 🙂
Grazie Davide e su quelle note che si perdono hai perfettamente ragione anche se dovresti spiegarmi cosa intendi con il fatto che si perdono.
Te lo chiedo perchè in quell’Auditorium l’acustica è un po’ difettosa, oppure a farle perdere potrebbe essere stata benissimo la mia emotività.
Inoltre ci potrebbe essere ancora un altro motivo: ho ancora da migliorare la tecnica visto che quando suono (da quando ho iniziato a farlo) mi viene più naturale “preoccuparmi” della musicalità! … con la tecnica sono un po’ pigra e forse si sente!
Grazie di nuovo Davide e ringrazio tantissimo anche Barbara di avermi dato spazio in questo sito!
Brava Paola, peccato per quelle note che si perdono durante le scale, specie all’inizio.
Ma se non altro hai mantenuto una velocità contenuta evitando di correre a 200 di metronomo come tanti, e l’idea interpretativa è abbastanza chiara.
I capricci di Legnani sono davvero interessanti dal punto di vista armonico e tecnico: a mio avviso bisognerebbe dedicargli molta attenzione.
Io ricordo quando ho portato all’ottavo anno il 24 e il 27.
Mi divertivo molto a suonarli; anche se al diploma ho poi preferito la Grand Ouverture di Giuliani.
Bè che dire allora in bocca al lupo per lo studio! 🙂
p.s. Grazie Barbara per dedicare qualche articolo al settore classico! 🙂
Davide, quello che per me è bello, interessante e piacevole avrà sempre un posto qui 🙂
Grazie a te per apprezzare!