Ciao,
oggi voglio proporti un’intervista alla nostra amica Paola Rossi, chitarrista classica, grazie alla quale abbiamo apprezzato alcuni brani da lei eseguiti (il Capriccio n.7 di Luigi Legnani e il I tempo della Sonatina op. 51 di Lennox Berkeley).
Vieni a scoprire cosa ha da dirci.
Quando e perché hai cominciato a studiare chitarra classica?
La musica mi è sempre piaciuta sin da piccola e mi piaceva cantare essendo stata sempre intonata!
Della chitarra, che sentivo spesso strimpellare, mi affascinava il suono, però non ero soddisfatta di sentirla soltanto accompagnare le canzoni e questo mi tratteneva nella decisione di fare un corso o meno.
A quattordici anni però ci fu la svolta: iniziai a studiare seriamente la chitarra classica dopo aver sentito un concerto del mio futuro Maestro; il suono caldo e dolce nello stesso tempo e i vari effetti timbrici che solo la chitarra può far uscire fuori, mi entrarono dentro e nacque una passione vera e forte che mi ha portato fino a qualche giorno fa ad affrontare gli ultimi esami di Conservatorio.
Da quel concerto capii finalmente che con la chitarra ci si poteva fare effettivamente di tutto!
Questo è anche il perché sono stata spinta a fare della chitarra quasi la mia vita e sinceramente pure perché è stata, e lo è tuttora un aiuto, psicologico inteso come valvola di sfogo per dei problemi seri che ho dovuto e devo affrontare … insomma la chitarra e la musica sono state per me come delle vere amiche!
Come tu sai io sono sostanzialmente una compositrice e come tale mi pongo sempre dall’altra parte rispetto all’esecutore. Tu, quando devi studiare un brano, come ti approcci ad esso?
Mi approccio al brano cercando prima di tutto di capire quale compositore ha scritto quel brano e soprattutto la sua epoca perché trovo importante suonare con stile.
Per fare un esempio: non si può interpretare Bach come Paganini e viceversa!
Credo quindi che ci debba essere per prima cosa una conoscenza teorica e culturale del brano e poi pensare allo strumento e alla sua tecnica da usare per quel brano.
Come fai a decidere se una nota è meglio suonarla al ponticello o alla buca o alla tastiera? Queste, infatti, sono cose che magari non vengono specificate in una partitura o in uno spartito.
I colori o effetti timbrici li scelgo sempre sulla base di ciò che ho risposto nella domanda precedente e dallo spirito del brano.
Per un brano espressivo-cantabile sceglierò, con le dita della mano destra, di suonare più verso la buca quasi sopra la tastiera dove lì, il suono, diventa dolce e profondo.
Le dita della mano sinistra invece potrebbero fare più vibrati e legati.
In una musica di carattere allegro invece si può usare una tecnica mista: suonare sulla buca, verso il ponticello e verso la tastiera.
Nel caso della sonatina di Berkeley, essendo musica abbastanza contemporanea gli effetti sono d’obbligo: cambi di timbrica, d’espressione e l’usanza anche di tecniche che non sono propriamente di uso nella musica classica come il Rasgueados che nell’allegretto della sonatina è evidente per dare volutamente un’impronta più popolare al brano.
Qual è il tuo metodo di studio, quello che a te rende bene?
Non seguo un preciso metodo di studio perché dipende dagli impegni, però in linea di massima posso dire che dopo aver fatto un’analisi generale di ciò che devo studiare, divido il brano in varie frasi in modo da trovare i punti tecnici più difficili e lavorare su quelli finché non mi riescono bene.
Naturalmente si deve fare ciò prima lentamente in modo che il cervello assimili bene i movimenti delle dita.
Quando è finito tutto questo lavoro passo all’esecuzione completa per vedere dove correggere l’interpretazione e anche per vedere la tenuta fisica ed emotiva che è molto importante per affrontare un eventuale concerto, quindi mentre si suona possiamo immaginare già che stiamo davanti a un pubblico.
Qual è il tuo atteggiamento mentale nei confronti di un pezzo da studiare prima e da suonare dopo?
L’atteggiamento mentale mio è sempre quello di pensare prima alla musica, a come deve essere interpretata e cercare sempre di comunicare con chi deve o vuole ascoltare.
Non è facile, ma questo a mio avviso dovrebbe essere sempre l’obiettivo primo di un interprete o esecutore musicale a prescindere dallo strumento che si suona.
Cosa potresti consigliare a chi vuole avvicinarsi alla chitarra classica?
Innanzi tutto sarei molto contenta se di giovani ce ne fossero di più a intraprendere lo studio della chitarra classica perché, anche se non nego che sia faticosa e difficile, penso che proprio per lo stesso motivo dia molta soddisfazione e poi ho capito, nel mio percorso, che la musica classica è un po’ come quando si mangia e cioè: l’appetito vien mangiando!
Quindi più la si suona o la si ascolta più piace e ti entra dentro!
Infine il consiglio che do è di non stancarsi mai di studiare e di fare ricerche e sforzarsi di fare della chitarra non uno strumento a sé ma soltanto un mezzo diverso per comunicare la nostra musica.
In poche parole: non suonare soltanto per muovere le dita sullo strumento o pensare di fare gli acrobati sulla tastiera.
Grazie Paola per la tua disponibilità.
Grazie Carlo!
Ottima intervista, molto interessante la domanda sui colori, rende l’idea delle finezze d’approccio e della musicalità.
Grazie
Carlo