Ciao,
oggi voglio affrontare un altro argomento più teorico che pratico, ma che in realtà serve molto per la pratica (scusa il gioco di parole 😉 ): si tratta dell’abbellimento.
In questo articolo parlerò dell’abbellimento in generale, poi in articoli successivi analizzeremo insieme vari tipi di abbellimento, come sono scritti, come si eseguono e qual è la loro funzione.
Partiamo quindi dalla definizione canonica di abbellimento (che possiamo chiamare anche fioritura o fioretto): l’abbellimento è una o più note ornamentali, note cioè che arricchiscono la melodia e la abbelliscono, come dice il nome, senza però alterarne l’andamento melodico.
Questo vuol dire che una melodia ha una propria struttura, che resta invariata, e su questa struttura si inseriscono questi abbellimenti, che, alla fine, sono una cosa di cui, volendo, si può anche fare a meno 😉 .
Normalmente l’abbellimento è indicato con:
- note scritte più piccole rispetto a quelle della melodia o comunque del-la musica sul pentagramma
- simboli posti sopra, sotto o accanto alla nota a cui si riferisce e che devono essere interpretati, e quindi suonati, nel giusto modo, anche se è difficile fare una stretta classificazione in quanto l’interpretazione spesso varia a seconda dell’epoca, del compositore, dello strumento, dell’esecutore, ecc ecc.
A volte è possibile trovare delle piccole alterazioni (sia diesis, sia bemolli che bequadri) scritte sopra o sotto il simbolo: in questo caso significa che la nota dell’abbellimento sarà, rispettivamente, diesis, bemolle o bequadro (qualora quella determinata nota fosse diesis o bemolle per le alterazioni che ci sono in chiave).
Queste alterazioni, quindi, riguardano solo l’abbellimento.
Gli abbellimenti principali, quelli più usati dal XVII e XVIII secolo in poi sono: l’acciaccatura, l’appoggiatura, il gruppetto, il mordente, il trillo, l’arpeggio, il glissando e il tremolo.
Il perché dell’introduzione di queste notine, chiamiamole così, è puramente pratico: strumenti come il clavicembalo e il clavicordo, usati all’epoca, non permettono di tenere una nota lunga in quanto il suono si smorza molto presto (lo stesso succede un po’ nella chitarra).
Quindi per cercare di tenere lunghe alcune note, in momenti particolari del brano (soprattutto verso la fine), si è pensato di inserire questi abbellimenti che girano intorno alla stessa nota, prolungandone così, in un certo senso, la durata.
La pratica poi ha preso piede e questi abbellimenti, in seguito, li troviamo tranquillamente usati anche per altri strumenti che non avevano le stesse necessità del clavicembalo o del clavicordo.
Comunque già tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XV c’era una pratica piuttosto diffusa di riempire gli intervalli, sia nelle parti vocali che in quelle strumentali, con note di valore più piccolo (diminuzione), molto spesso lasciato all’improvvisazione del cantante o dello strumentista.
Questa pratica di inserire gli abbellimenti è usata anche nelle ripetizioni dei brani: spesso (prendiamo Bach come esempio) c’era la parte di un brano che prima veniva suonata come era stata scritta dal compositore e poi veniva ripetuta ma completamente variata con l’introduzione di questi abbellimenti.
Bene, ti rimando ai prossimi articoli dove vado ad analizzare i vari abbellimenti.
Se vuoi approfondire questo argomento, ti consiglio di cliccare sull’immagine qui sotto e di leggere la nuova pagina.